La cronaca delle celebrazioni del Trentennale del G.A.D. Città di Lugo

Così scriveva Icilio Missiroli al traguardo dei trent'anni...

«Trent'anni! Pare uno spazio di tempo enorme. Eppure sembra ieri che, in una sera del 1947, quattro amici, spinti da una passione inesauribile per il teatro, si trovavano e stabilivano di riprendere un cammino già altre volte percorso insieme. Nasceva così il "Gruppo d'Arte Drammatica - ENAL - Città di Lugo".

In quella città, ancora stremata dalle prove appena passate, semidistrutta, che aveva affrontato le tragiche vicende con la temeraria intrepidezza propria dei suoi figli, pensare al teatro, alla ricostituzione di filodrammatiche, pareva impresa di gente avventata, per lo meno fuori della realtà del momento. Ma non era così. Innanzitutto non si trattava di "ultimi arrivati", di inesperti. Avevano già dietro di sè una tradizione e una pratica non piccola. Epigoni di una passione che all'inizio del secolo aveva travolto tutti gli italiani, quella del teatro, avevano fatto i loro primi passi in filodrammatiche "per soli uomini" dei ricreatori parrocchiali e degli oratori, ed avevano partecipato alla passione che portò alla costituzione, sotto l'egida del Dopolavoro, della "Filodrammatica Lughese" a cui partecipavano molti degli uomini che saranno parte integrante nelle vicende della futura dialettale, come attori e come autori: Giuseppe Seganti, Corrado Contoli, Domenico Bedeschi...

Col coraggio che era proprio di quelle filodrammatiche, il repertorio era assai vario e, spesso, impegnativo: l'immancabile "Addio Giovinezza" ma anche "Come le foglie" e "Tristi amori", "La maestrina" ma anche "Scampolo" e poi "La patente" di Pirandello e "L'intrusa" di Maeterlink.

E poiché non si trattava di semplici tentativi di sprovveduti, ma di effettive prove di una maturità e capacità lentamente acquisite, si può affermare che nell'impegno e nella serietà di quei filodrammatici c'era già la garanzia di un costume di probità artistica e di serietà che si sarebbe perpetuato per decenni. Infatti i filodrammatici furono ben presto ospitati nel vecchio e glorioso teatro Rossini, onusto di tanta gloria teatrale sia nella lirica che nella prosa. È significativo che, già in quel periodo, la filodrammatica rappresentasse una commedia dialettale, dovuta al lughese avv. Seganti, "La fameja d'Garlindon" che trionfò su tutte le scene romagnole.

La fameja d'Garlindon

Si può dire che, da quel lontano successo, la nuova formazione aveva una valida indicazione: portare sulle scene la vita della gente di Romagna con la parlata, così efficace, vigorosa, pienamente aderente al significato essenziale delle parole. Sicché, dopo alcune fortunatissime rappresentazioni di commedie in lingua italiana, che portarono la compagnia a trionfali rappresentazioni nelle vicine città, essa imboccò decisamente la via del teatro dialettale. Fu una scelta fortunata e felice, soprattutto per la Romagna che potè contare su una testimonianza quanto mai valida della possibilità di un suo teatro pienamente regionale.

La "Città di Lugo" fu favorita nella sua impresa dall'aver nel proprio seno anche autori degni del massimo rispetto, non soltanto perché capaci di costruire trame vive ed interessanti, ma anche per la loro conoscenza pratica del teatro, essendo stati prima valenti attori della "Lughese".

Si tratta dell'avv. Giuseppe Seganti, che già aveva in passato scritto efficaci commedie in dialetto e di Corrado Contoli, anch'egli attore della "Filodrammatica Lughese". Quel teatro romagnolo, che aveva avuto il proprio iniziatore in Eugenio Guberti, ora muoveva passi più sicuri con Bruno Marescalchi in attesa di altri validi autori e trovava nei lughesi Seganti e Contoli dei veri campioni.

La compagnia trovò alimento alla propria opera, oltre che nelle valide commedie del Marescalchi, in quelle del faentino Ermanno Cola, autore di piacevoli commedie ben costruite che ebbero molta fortuna e, quindi, nel teatro di Bruno Gondoni, di carattere diverso per impegno e finalità.

Per renderci conto del valore di questo trentennio della "Città di Lugo", basti riflettere sulle condizioni di vita delle filodrammatiche. Generalmente nascono dalla passione di pochi, non sempre veramente chiamati al palcoscenico, vivono di questa, richiedono sere e sere di prove, dedizione tanto maggiore, quanto minore è l'importanza delle parti che si sostengono nelle commedie. Si tratta di volontari, soggetti alla volubilità degli uomini, alle vicende umane dei componenti il complesso. Basta talora un fidanzamento, per strappare dalle scene un'attrice importante e mettere in crisi la compagnia. Ne abbiamo viste, di queste formazioni, splendere per un momento e poi estinguersi in una fiammata!

La "Città di Lugo" ha "tenuto duro". Anche su lei si sono avvicendate le traversie di tutte le compagnie, e, più dolorose, le morti che hanno strappato elementi preziosi alla compagine, ma ha resistito. Eccoli qui, questi attori, molti militano da anni nella compagnia e, modesto od importante il loro ruolo, continuano a servire con passione ed umiltà il loro ideale artistico. Si tratta di qualche cosa di più di abitudine o di ostinazione, ma della coscienza di partecipare alla costruzione di qualche cosa di più importante: un "teatro romagnolo", specchio ed orgoglio della nostra regione. ...»

Icilio Missiroli